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citazione della settimana : "Mi chiedo cosa spinga a fissare la luce di una candela facendone il proprio sole" (...)

giovedì 28 aprile 2011

CCS: stoccare l'anidride carbonica sottoterra è la soluzione al problema?

Recentemente ho avuto modo di leggere su un noto mensile un articolo inerente alla tecnologia CCS rivolta alla cattura dell'anidride carbonica; incuriosito non c'è voluto molto per trovare altre informazioni, sia “polarizzate” che non, arrivando sino al sito internet dell'azienda ENEL. Ma andiamo con ordine.

Come è noto bruciando combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale, …) nelle centrali termoelettriche si ottiene l'emissione di anidride carbonica (CO2) la quale costituisce uno dei principali Gas Serra, causa dell'omonimo effetto. CCS sta per Carbon Capture and Sequestration e consiste, semplificando all'estremo, nel catturare la CO2 prodotta nel processo di combustione e stoccarla in appositi siti geologici, insomma metterla sotto terra. Questa tecnologia permetterebbe di continuare lo sfruttamento dei giacimenti di combustibili fossili riducendo l'emissione di gas serra, dunque di andare incontro alle richieste del Protocollo di Kyōto senza rinunciare all'impiego delle centrali termoelettriche, con grandi vantaggi economici. Insomma, salvare capra e cavoli.

Tutto bello e tutto buono se non che, essendo ancora un tecnologia in fase di sviluppo, i problemi da risolvere esistono e non sono indifferenti. Principale ostacolo al largo impiego di questa tecnologia è dovuto all'ancora ampio dispendio energetico necessario per attuarla, insomma “attualmente la CCS erode una fetta di efficienza alle centrali termoelettriche troppo elevata, nell'ordine del 10–15% su una efficienza media delle centrali europee del 35%” (Newton oggi, 14 aprile 2011). Cosa vuol dire? Che pressappoco un terzo dell'energia prodotta va ad alimentare il CCS system e quindi è considerata persa da un punto di vista economico. Si ritiene, comunque, di poter abbattere drasticamente il calo di efficienza portandolo al 3-4%. Nell'articolo è citato l'impianto pilota di Brindisi, venendo dunque a conoscenza che l'Italia sperimenta questa tecnologia il passo è breve nell'andare a curiosare sul sito dell'agenzia ENEL cercando altre notizie. Si apprende che l'Unione Europea ha emanato direttive riguardo il CCS (siamo attorno al 2008 – 2009) e per una volta l'Italia si è allineata con piacere, peraltro: “il consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il decreto che definisce le norme per l'utilizzo di questa tecnologia” (sito ENEL).

Tutto bello e tutto buono sino a che la ricca industria termoelettrica si paga le sue sperimentazioni, un po' meno quando si viene a sapere che sono anni che i governi investono miliardi su questa tecnologia (siamo già ampiamente oltre ai 20 miliardi di dollari investiti dai vari governi), in accordo al G8 tenuto in Hokkaido, senza ancora avere raggiunto lo scopo di avere entro il 2010 ben 20 progetti dimostrativi su larga scala. Insomma ancora previsioni di investimenti miliardari su questa tecnologia, a fronte di un vantaggio economico evidente qualora entrasse in funzione ma che ancora stenta a dare risultati concreti.

Ma non è tutto oro quel che luccica. Rifacciamoci ad uno studio pubblicato su Nature Geoscience di Gary Shaffer, climatologo del Niels Bohr Institute e direttore del Danish Center for Earth System (abstract). Elaborando più scenari relativi a differenti metodi e applicazioni della CCS ed ipotizzandone gli effetti sul clima attraverso un lungo periodo (fino a 100'000 anni) egli sostiene che il risultato è per lo più un ampio surriscaldamento solo ritardato del pianeta ed una forte acidificazione degli oceani. Andiamo con ordine. Il “deep – ocean carbon storage” consiste nell'iniettare il gas nelle profondità degli oceani e risulta essere una sorta di follia contro l'ecosistema marino. Migliore lo stoccaggio geologico (in apposite cavità sotterranee naturali) a patto di avere perdite inferiori a 1% ogni mille anni (ammetto non so quanto questo sia effettivamente verificabile quindi non mi pronuncio). Così non fosse bisognerebbe compensare le perdite con un processo attivo di ri – sequestro dell'anidride carbonica presente nell'atmosfera innescando un oneroso ciclo la cui eredità sarebbe nostra per chissà quanti anni (e l'esperto fa un forte paragone con le scorie nucleari). Al di là di queste considerazioni l'opinione non sembra affatto di parte poiché Shaffer non manca di sottolineare la sensatezza teorica su cui si basa la CCS e il suo enorme potenziale, a patto di non sottostimare i problemi che ne potrebbero conseguire.

Al di là di tutto la mia domanda resta questa: la CCS è davvero un sistema per risolvere il problema dei gas serra o è solo un modo di tamponare (se non nascondere) il problema permettendo lo sfruttamento di quei giacimenti di combustibili fossili attorno ai quali ruotano ingenti interessi? Ritengo che le nuove tecnologie non vadano mai bocciate a prescindere ma rimango dell'idea del Consenso Informato: ampi studi sui possibili effetti prima di applicare il tutto indiscriminatamente. Qualora i rischi non vi fossero allora il tamponamento delle emissioni potrebbe essere interessante, ma solo a fronte di grandi investimenti pubblici su fonti energetiche rinnovabili in modo da calare sempre di più l'utilizzo delle centrali termoelettriche e risolver effettivamente il problema alla radice. Mi pare, però, che si stia andando in un'altra direzione. La CCS rischia di diventare il pretesto per continuare lo sfruttamento di combustibili fossili ignorando completamente altre forme energetiche meno inquinanti. Gli alti investimenti richiesti dalla CCS rischiano di togliere risorse alla ricerca su tecnologie emergenti (penso al Marsili Project che si propone di ricavare energia da un vulcano sottomarino al largo della Sicilia) legandoci di fatto ad un antico modo di produrre energia. Insomma grande sviluppo di tecnologia su processi obsoleti (combustione di petrolio, gas, …) che di fatto dovremmo abbandonare invece che sviluppo di tecnologia innovativa che potremmo utilizzare negli anni a venire con ben minori impatti ambientali.

Personalmente rimango molto perplesso.

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