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citazione della settimana : "Mi chiedo cosa spinga a fissare la luce di una candela facendone il proprio sole" (...)

domenica 8 maggio 2011

Il Solare Termodinamico (parte I)

Le vicende sulla tecnologia del solare termodinamico nel nostro paese si intrecciano fittamente ed inevitabilmente con la politica passata e presente, tanto che ormai aspetti tecnologici e aspetti politici sono spesso difficilmente distinguibili nel parlare di questo argomento. Tenendo conto di ciò cercherò di trattare indipendentemente i due aspetti redigendo altrettanti articoli: il primo, questo, si occuperà di quelli tecnologici mentre demando ad uno futuro quelli sulle vicende politiche.

L'idea alla base
Tecnologia innovativa sulla base di una idea davvero antica, ovvero quella degli specchi ustori di Archimede i quali, leggenda vuole, vennero usati nell'assedio di Siracusa per dar fuoco alle navi romane. Lo specchio ustore altro non è che una superficie riflettente di forma parabolica che basa il suo funzionamento sulla proprietà focale della parabola ovvero la proprietà di concentrare ogni raggio che giunga parallelo al suo asse di simmetria in un unico punto detto fuoco. Cosa comporta ciò? Comporta che l'energia solare che incide sullo specchio viene concentrata in un unico punto. Per comprendere meglio ricordate cosa succede quando mettete una lente di ingrandimento, che presenta anch'essa proprietà focali, davanti ad una fonte di luce quale lo stesso sole? La “luce” viene concentrata in un punto passando per la lente; ecco qualcosa di analogo succede negli specchi ustori solo che, invece di passare attraverso, la “luce” viene riflessa. Bene l'idea alla radice del solare termodinamico è quella di utilizzare degli specchi parabolici che concentrano la luce, ovvero la radiazione solare incidente quindi l'energia solare, su un elemento focale che racchiude un fluido termovettore, parolona per indicare un liquido in grado di accumulare e trasportare il calore, ottenendo così energia termica che sarà poi trasformata in energia elettrica.

L'innovazione
Tra le tre principali tecnologie inerenti al solare termodinamico, ovvero: sistema a collettori parabolici lineari, sistema a torre centrale e sistema dish – stirling, la prima è sicuramente quella più matura commercialmente e sulla quale più è stata coinvolta la ricerca del premio nobel Carlo Rubbia e dell'ENEA (sito). Questa tecnologia si basa su lunghe file di specchi (collettori) di forma parabolica che riflettono la luce del sole su di un tubo nel quale scorre un liquido in grado di immagazzinare e trasportare il calore (il fluido termovettore). La radiazione solare, che è stata convertita in energia termica, viene condotta, mediante il fluido, in un serbatoio caldo in grado di trattenere (immagazzinare) il calore e successivamente passa in quello che si chiama scambiatore di calore. Al di là di cosa sia di preciso questo scambiatore di calore, in “soldoni” accade che grazie a questo viene generato il vapore che azionerà le turbine per produrre energie elettrica. Infine il fluido confluisce in un serbatoio freddo per poi ritornare nel tubo ubicato sul fuoco degli specchi parabolici.
Sperando di essere stato chiaro ora vediamo dove sono le innovazioni dell'ENEA sotto la guida di Rubbia. La prima risiede nel fluido termovettore impiegato, sostituendo gli oli minerali con miscele di sali fusi che raggiungono temperature superiori, presentano uno scarso impatto ambientale (questi sali sono fertilizzanti già largamente impiegati) e costi relativamente ridotti oltre che un rischio di infiammabilità sicuramente minore rispetto agli oli. La seconda innovazione risiede in un sistema di accumulo efficiente del calore il che permette di produrre energie elettrica anche in ore notturne. ENEA dichiara che la dispersione del calore è 1% in 24 ore e che l'immagazzinamento di 5m3 di sali fusi sono sufficienti per la produzione di 1MWh. Terza innovazione è il nuovo collettore solare, insomma lo specchio utilizzato, che presenta alte prestazioni, mentre l'ultima innovazione riguarda un rivestimento sui tubi collettori (quelli che contengono i sali fusi e che sono sul fuoco dei collettori parabolici) che consente ai sali fusi di raggiungere alte temperature ovvero 550°C rispetto ai 390°C massimi degli oli.

Fotovoltaico e solare termodinamico
Sia il classico fotovoltaico, utilizzante i pannelli solari, che il solare termodinamico mirano alla produzione energetica mediante lo sfruttamento di quella risorsa naturale che è il sole per la produzione dell'energia elettrica, ma dove stanno le differenze? Be sono due tecnologie molto differenti per quanto apparentemente possa non sembrare, se non altro perché il fotovoltaico fornisce una conversione diretta della radiazione solare in energia elettrica mentre il solare termodinamico lo fa per via indiretta, come già abbiamo visto. Sono presenti molti dibattiti e “guerre di dati” sul confronto dell'efficienza complessiva dei due sistemi ma al di là di tutto è indubbio che mentre la tecnologia fotovoltaica non ha necessariamente bisogno di grandi spazi per essere competitiva non è così per il solare termodinamico. Mi spiego meglio, molti edifici montano alcuni pannelli fotovoltaici per diminuire la loro dipendenza dalla rete elettrica il che funziona benissimo tanto che il fotovoltaico è di fatto una tecnologia “distribuita” (esistono addirittura piccolissime celle fotovoltaiche utilizzate per dare energia a piccoli circuiti) che non necessita per la sua applicazione di grandi centrali che a loro volta richiedono grandi spazi, così non è per il solare termodinamico che funziona molto più competitivamente nell'ottica della grande centrale. Un altro aspetto da tenere in considerazione è che il solare termodinamico non richiede l'impiego del silicio, materiale sempre più costoso necessario per la creazione dei pannelli solari che a loro volta devono essere smaltiti correttamente dopo il loro ciclo vitale alla stregua di rifiuti speciali. Insomma pro e contro per ognuna delle due tecnologie, nessuna delle quali da sola è miracolosa ma l'impiego di entrambe può portare a molto.

Critiche e applicabilità
Quali sono state le maggior critiche mosse al solare termodinamico? Ricordo distintamente, all'epoca in cui se ne parlava un sacco per merito di Rubbia, critiche sulla pericolosità e sui rischi di incendio il che denotava una scarsa conoscenza del progetto del sopracitato premio nobel che, come già visto, prevede la sostituzione degli oli infiammabili con sali fusi a basso impatto ambientale. Un'altra critica fu mossa in particolare sull'esigenza di ampi spazi per le centrali, peraltro da ubicare in posti necessariamente il più possibile assolati nel corso dell'anno; ecco riguardo a questo in realtà alcuni siti adatti al sud Italia esistono tutt'ora come fa notare Rubbia, il quale propone in più anche una sorta di delocalizzazione delle centrali nei territori desertici del Nord Africa per poi importare l'energia elettrica prodotta. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma” (Rubbia, 2008). Anche a ciò le critiche sono state e sono tutt'ora tante, per lo più si parlava dell'inattuabilità del trasporto energetico a distanza per le grandi perdite tipiche delle linee di trasmissione, cosa a cui il premio nobel diede una sua risposta che non sono, però, riuscito a ritrovare. L'altra critica fondamentale sulla delocalizzazione è mossa, sopratutto oggi, da interessi commerciali sulla presunta inaffidabilità di costruire gli impianti solari all'estero, specialmente in zone politicamente instabili.

Che piaccia o meno il solare termodinamico è un altro modo di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili, con le potenzialità di incidere concretamente sulla produzione energetica globale. 

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